Intervista di Luigi Calzini

 

Ci incontriamo in una deserta Roma di ferragosto , io ed un dimagrito Ozek , appena tornato dalle sue vacanze. Il tempo di un caffè e saliamo nel mio ufficio per quella che è una chiacchierata più che una vera e propria intervista. Ozek Ikaram , ancora poco noto poeta di origine turca ma da tanti anni ormai trapiantato a Roma nella quale “galleggia”nella sua vita di grande fumatore , come da tradizione, e di pensionato.Conscio di cosa mi aspetta, Ozek è comunque un mio carissimo amico , vado incontro a risposte mai banali , fuori dai soliti luoghi comuni.

Ozek , nelle tue ultime poesie pubblicate sul sito www.ozekikaram.it , unisci il sacro alprofano , bagliori lunari e tenebre , dolore ed incanto. Sono giuste le mie sensazioni?

No, non sbagli affatto. Sto pubblicando poesie che riguardano il periodo a cavallo dei miei 40 anni ,ovvero circa 30 anni fa. Periodo travagliato della mia vita, vero crocevia di sensazioni , di desideri come di dolori , di passi avanti che erano solo che dei passi indietro che non lasciavano dunque la possibilità di guardarsi alle spalle. Il dolore era il comune denominatore .

Cos’era dunque per te quel dolore?

Il mio dolore aveva due facce,due interpretazioni: significava sia ferire qualcuno che ami , sia combattere con qualcuno che ti sta facendo del male. Momento di folle esistenza . Però nelle prossime poesie , che sto rivisitando ora che la mia età ha sposato una maggiore fermezza e consapevolezza nello scrivere, potrai notare il trionfo dell’anima. Non della riuscita di un amore , ma la gioia nell’abbracciare se stessi. Ecco , io fui per me stesso un trionfo , la fine del dolore.

Nella poesia SIBILO si sente tormento e solitudine, dico bene?

Nella natura e nell’umanità ,trovo che ci sia un disegno . Ci sono periodi di grande dolore e di sentita sofferenza che però conducono a tempi di quiete, di conoscenza e dunque di prosperità interiore. Ho trovato bellezza nella verità e nella comprensione , e per me la relazione tra sofferenza e arte funziona allo stesso modo. Sibilo è la consapevolezza che il fuoco di una candela può esser parte importante della luce come del buio. Il buio fa paura a molti ma , se hai vissuto al buio per tanto tempo ,anche la luce di una sola candela è linfa vitale , è speranza , nuova forza e saggezza. Nella poesia la candela viene spenta come una morte , ma è una morte che sa di reincarnazione , di rinascita interiore e di nuovi slanci, non di fine.

Le tue poesie sono ammantate, a volte ho l’impressione di inoltrarmi in ambienti scuri.

Fin da giovane ho capito e conosciuto la tristezza umana e l’oscurità , che ho tradotto in parole. Non sapendo perché , senza ragionarci , ho sentito il bisogno di riassumere quello che sentivo , forse in una sorta di percorso catartico.Iniziai a scrivere poesie per gioco , unico modo per poter far leggere ai miei cari ciò che avevo da dire , superando allo stesso modo la mia vergogna e paura di giudizio. Ecco , la paura dell’altrui giudizio è cosa che non sono mai riuscito a togliermi di dosso, come se vivessi con un “grande fratello “perenne che segue i miei passi. E nulla fanno , oltre al naturale piacere, i grandi complimenti e l’apprezzamento dei miei lettori più cari e devoti.

Hai scritto anche dei racconti?

Si, incanalai anche nei miei racconti le medesime sensazioni che trovi nelle mie poesie. C’è anche qui un contrasto tra luce e buio . So che c’è forte pesantezza ma c’è anche aspettativa , che sia nella rima , in una parola o in un periodo di un racconto.

Nella poesia DESIDERIO termini con “sei tu il mio Dio”. Dimmi di più.

DESIDERIO esamina cosa vuol dire amare come la natura. Onde ,albe , l’immancabile amata luna, i cieli astratti.Quel tipo di amore istintivo e atavico ma allo stesso tempo nuovo ,finalizzato a proteggere e a farsi proteggere e a lasciarsi proteggere ,provvedere all’altro e andare avanti insieme mano nella mano. In quel periodo fui terribilmente manchevole di tutto ciò , la poesia in realtà interpreta più una richiesta al sogno di materializzarsi. Penso al giorno che si trasforma in notte per poi rivivere nel sorgere del sole. E’ così bello questo interminabile alternarsi , questa marcia di vita vera.

In che situazioni componi i tuoi versi? Come e da dove arriva la tua ispirazione?

Mi piace lasciare che le cose avvengano spontaneamente e prendermi il tempo necessario , in parte perché cambio spesso idea nella lirica e nelle sonorità delle parole , in parte perché la miavita si muove al rallentatore e non mi sento a mio agio alterando il corso dei fatti. Non sono sempre in grado di definire con esattezza perché una parola è adeguata per una poesia , come una frase per uno dei miei racconti ma ,mentre scrivevo ,sapevo che era il momento giusto per quella poesia, per quel racconto. La poesia è la rappresentazione del vissuto , per me è solo questo. Non apprezzo e non posso capire i poeti che scrivono poesie su sensazioni ferme. La musica in tutto questo ha un ruolo importantissimo. A volte la melodia straziante di un brano, a volte il ripetersi di un ritornello e una frase che ti lancia l’idea per andare avanti laddove ti eri arenato. La musica è la mia arma più potente. Musica è anche suoni della natura, un mare mosso che le onde sanno sapientemente suonare,il silenzio di un’alba e il fruscio di un tramonto. Il vociare di bambini che giocano è natura e musica allo stesso tempo e allo stesso modo.

Mi dicevi che prossimamente pubblicherai altre poesie sul tuo sito intitolato “Distrazioni di una luna “. Seguiranno lo stesso filone e stile di quelle finora pubblicate?

“Distrazioni di una luna “ amo definirlo come un culmine di me , ma la sensazione è anche quella di una rinascita . Quelle poesie riguardano una sopita voglia di libertà. Un’esaltazione dell’antica rabbia e di ciò che si possiede , che si trattiene dentro. Volevo e voglio sentirmi “svincolato” e lasciar fuoriuscire aspetti che prima non avrei potuto assecondare , quindi ne è uscito fuori un insieme di poesie oneste , un insieme aperto piuttosto che un lavoro concettuale. Concettuale è stato solo il selezionare poesie che avessero un filo conduttore , un qualcosa che ha scosso trasversalmente la mia anima , la mia vita , mutando ciò che ero in ciò che sono. Le poesie sono un figlio amato , il dente da latte che cade e che conservi , il nuovo dente da tener d’occhio per farlo crescere dritto. Credo che ogni artista, che sia esso un poeta piuttosto che un pittore,ami la propria opera in modo viscerale. Nei primi anni delle mie composizioni ,ridevo e schernivo il mio comporre, il mio scrivere, proprio come ti dicevo prima , solo per rompere la vergogna in primis con me stesso. So di aver avuto poesie nella mia testa sin dalla più giovane età. Le prossime poesie devo ancora sceglierle ,devo ripercorrere le fasi della mia vita , trovare la poesia adatta, leggerla più volte fino a sentirla suonare in me , magari adeguarla cambiando qualche parola o magari aggiungendo altro. E’ come un gioco , guardarsi da fuori con 30anni di distacco e cercare di ricordare gli esatti sentimenti di quel periodo. Perché nella vita ho imparato che si cambia, che spesso ci si da degli stupidi o ci si meraviglia per come potessero prima piacerci cose che oggi proprio non riusciamo ad apprezzare. Proprio come una donna che trovavi bellissima finche l’amavi e che ora che la guardi con distacco trovando deplorevole aver pensato a lei come immagine di bellezza.

Sei ormai diventato un poeta apprezzato almeno per una bella nicchia. Perché hai difficoltà a farti vedere in pubblico? Il tuo stesso profilo di face book è un volto non tuo, quasi coperto.

Sono abituato a non farmi vedere, a non farmi riconoscere come poeta. Per questo motivo ho atteso tutti questi anni prima di riuscire a pubblicare le mie poesie. C’è un velo tra me ed il lettore, un velo che mi fa star bene. Ho sempre avuto paura ed attrazione per il palcoscenico perché non ho timore di non saper emozionare , ma vorrei essere invisibile. A crearmi problemi è la mia fisicità ,gli occhi altrui che con tutta la loro energia bruciano qualcosa dentro di me.

Concludiamo. Un saluto ai tuoi lettori?

Sono sempre riconoscente a chi mi legge, a chi affronta la mie poesie con le proprie emozioni e riuscendo ad immergersi nelle mie. Sono loro ad intraprendere una vera esperienza , ma spesso sono proprio loro ad insegnare qualcosa a me , una forza che mi spinge ancora a scrivere e a migliorarmi. Una volta , una persona a me particolarmente cara mi disse che il mio scrivere era solo il dono di sapere mettere bene insieme le parole, creare un bell’effetto nel lettore , ma che nulla di ciò che scrivevo era sentito e quindi non in grado di emozionare. Come un parto senza figlio, un’emozione priva di vita. Pur sapendo che quel giudizio non mi poteva appartenere , le fui grato e migliorai la mia qualità espressiva. Perché il poeta comunica le proprie emozioni in lirica , ma se non arrivano è come scriversi addosso. Quello che chiedo al mio lettore è una comunione di sensazioni, di emozioni che nella vita , prima o poi, viviamo tutti. Poco importa se nello scrivere una mia poesia ho pianto , ho sorriso, mi sono disperato o altro se poi nel comunicarlo non riesco a commuovere o a dar speranza .

Ozek si alza , raccoglie il suo cellulare ed un gigantesco mazzo di chiavi lasciati a giacere sul mio tavolo.Mi stringe la mano con emozione e con fermezza, con uno sguardo amicale di chi è grato. Gira le spalle e , senza proferir parola esce di scena con un saluto accennato con il capo e con la mano.